APRILE 2023

2 APRILE – domenica delle Palme – anno A

Dal Vangelo secondo Matteo (versione integrale: 26,14-27,66)

Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».

Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

Il Vangelo di questa domenica è molto lungo: siamo nel cuore dei racconti della passione di Gesù. Una liturgia caratterizzata da un “doppio sapore”: troviamo la folla che acclama Gesù (nel Vangelo che introduce la processione delle palme e degli ulivi), riconoscendolo come “Colui che viene nel nome del Signore” e poi, di lì a poco, il complotto dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo, la decisione di Giuda di venderlo per trenta monete d’argento, i preparativi della cena di Pasqua, l’annuncio del tradimento di Giuda, il racconto dell’Istituzione dell’Eucaristia, il rinnegamento di Pietro. Tutto sembra precipitare molto velocemente: Gesù sente avvicinarsi la morte. Ed è notte.

Nella descrizione della passione di Gesù, i discepoli non fanno una bella figura. Essi hanno vissuto tre anni con lui, eppure nel momento della passione, Gesù resta solo: nell’orto tutti si addormentano, in seguito Giuda lo tradisce, Pietro lo nega, gli altri fuggono. Matteo racconta tutto ciò non per condannare i discepoli, nemmeno per scoraggiare noi lettori di tutti i tempi, ma per sottolineare che il gesto d’amore di Gesù supera la sconfitta ed il fallimento dei discepoli!

Gesù nella sua missione affidatagli dal Padre non si è risparmiato, lungo tutta la sua vita ha accettato di mettersi in gioco fino all’ultimo dettaglio, pur di rivelare il volto misericordioso e vicino del Padre. Ma non è bastato.

Allora compie un ultimo gesto, rischioso, drammatico: quella croce, verso la quale gli eventi storici lo hanno condotto, è un segno che può essere frainteso, che può spaventare e deludere, che può scoraggiare e allontanare dalla verità. Gesù rischia: non sarà compreso da tutti, ma a coloro che crederanno, manifesterà pienamente l’amore esagerato di Dio. Questa è la misura dell’amore di Dio. Gesù ha corso il rischio di non essere compreso, ma era troppo importante manifestare il vero volto di Dio, era essenziale che la gente non cadesse nell’errore: sulla croce Gesù è lì in tutta la sua nudità e umanità, nella fragilità più grande, per mostrare con l’ultimo e più alto gesto fin dove è capace di arrivare l’amore di Dio per te. Per me.

E siamo chiamati non a imitare quel dolore, ma ad essere capaci di amare a misura di quella misura!

Dopo è regnato il silenzio. Sta a noi guardare a quel volto, comprendere e schierarci. Da che parte sto? Sono forse io? Che donna/uomo voglio essere?

Buona domenica delle Palme e buon ingresso nella settimana santa.

sr Damiana

“Sbagliarsi su Dio è un dramma,

è la cosa peggiore che possa capitarci,

perché poi sbagliamo sul mondo,

sulla storia, sull’uomo, su noi stessi.

Sbagliamo sulla vita.”

(David Maria Turoldo)

9 APRILE – domenica di Resurrezione – anno A

Dal Vangelo secondo Giovanni (20,1-9)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.

Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.

Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Sono sufficienti una pietra tolta dal sepolcro e una tomba vuota per dire che Gesù è risorto? Forse no, altrimenti Maria di Magdala, non si sarebbe angustiata così tanto.

La tomba vuota è necessaria, ma non basta! Incontrare il Risorto vuol dire risorgere. È un cammino, dunque, come quello compiuto da Maria di Magdala, Pietro e l’altro discepolo andando al sepolcro, entrandoci dentro e scoprendolo vuoto. L’evangelista vuole far vivere anche a noi l’esperienza di resurrezione.

Primo passo. Maria arriva dal buio di una notte di dolore per la perdita del Maestro, vorrebbe fare il cordoglio visitando il morto, ma trova la pesante pietra spostata e il sepolcro aperto. Anche noi qualche volta abbiamo l’impressione che ci abbiano rubato Gesù: una lettura che ci ha insinuato il dubbio, una ferita che fa male, un fallimento, un’esperienza che ci ha confusi, … Prima credevo, ora non più.

Secondo passo. Pietro constata che il sepolcro è vuoto. I lini sono stesi, il sudario è avvolto da un’altra parte: non è stato rubato, c’è troppo ordine. Però è inspiegabile. Anche noi arriviamo a capire alcuni segni, ma ancora non ci sentiamo pronti a dire “credo”!

Terzo passo. L’altro discepolo, “quello che Gesù amava”, guardando dentro, crede che Gesù è risorto. Cosa ha visto? Le stesse cose che hanno visto Maria e Pietro e che forse avresti visto anche tu. Eppure crede. Ci vuole amore per capire la risurrezione. L’amore ha corso più veloce ed è arrivato per primo al sepolcro, ma non è entrato, ha aspettato Pietro, si è messo dietro. L’amore non prevarica, rispetta.

Nel testo si parla tante volte del verbo vedere, utilizzato in diverse tonalità di colore: c’è un vedere che è semplicemente annotare ciò che c’è e ciò che manca. C’è un vedere proprio di chi guarda con amore, e guardando con amore contempla, poi si ferma e alla fine capisce … e crede.

Ma bisogna entrare nel sepolcro per capire che Gesù non è lì. Invece noi tendiamo ad evitare il sepolcro, a tenere lontana l’esperienza della morte. In realtà, il Signore non ci toglie la morte, ma non le lascia l’ultima parola: ogni nostra esperienza di morte va attraversata per nascere ad una vita nuova. Ci accorgeremo che entrando nel sepolcro, non troveremo un cadavere e non ci sarà la puzza di un corpo morto, ma lenzuola di lino stese, pronte e profumate di una mistura di mirra e di àloe (Gv 19,39). È un letto di nozze, pronto per la sposa. Pronto per te, per me!

È come se l’evangelista si rivolgesse a te che leggi: vuoi capire la resurrezione, vuoi incontrare il Risorto? Ama. Come ha fatto lui con te. Adesso anche tu hai la chiave per comprendere tutte le Scritture alla luce di Gesù risorto. L’amore ci cambia, ci trasfigura, ci rende capaci di cose impossibili. Ci rende fecondi. E se siamo risorti con Cristo, si vede!

Buona Pasqua!

sr Damiana

“Non è vero che Cristo è risorto,

se no i cristiani avrebbero un’altra faccia”.

(Nietzsche)

16 APRILE – II domenica di Pasqua – anno A

Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Il giorno di Pasqua è caratterizzato da diversi incontri personali con il Risorto. Le puntate precedenti: tutti sanno ciò che le donne hanno detto; il sepolcro era vuoto, l’hanno visto anche Pietro e Giovanni; Gesù risorto nessuno l’ha ancora incontrato, tranne Maria Maddalena e i discepoli di Emmaus, che non l’hanno riconosciuto subito. E gli altri? Intanto è venuta la sera di quel lungo giorno senza fine.

La pietra ribaltata, il sepolcro vuoto, il giardiniere, il pellegrino per strada sono stati i primi segni del Risorto, fin dalle prime luci dell’alba. Ora è sera e i discepoli sono in un cenacolo chiuso e con le porte sprangate. La paura li attanaglia in una tomba che puzza di morte. Sono lì come ammucchiati, ma ciascuno è per conto suo, pur abitando lo stesso luogo. Quel cenacolo, che Gesù aveva fatto preparare per celebrare la Pasqua, dove aveva spezzato il pane, dove aveva lavato i piedi, è ora un sepolcro carico di paura e di sensi di colpa: “io ho rinnegato il Signore, però anche tu sei fuggito …, l’abbiamo lasciato solo nella morte”.

Gesù entra a porte chiuse. Sono loro, quelli che aveva scelto, quello che lo ha rinnegato, quelli che sono fuggiti … Continua a chiamarli fratelli, non mette il broncio, non taglia la relazione: va loro incontro. Pace a voi. Mostra le mani e il fianco perché sia chiaro che quel Gesù che loro hanno visto Crocifisso è Risorto. Le ferite sono il segno continuo del suo amore “fino alla fine” per me, per te.

Ma Tommaso non c’era! No, non ci credo! Io l’ho visto condannato e messo in croce. È morto! Ho avuto paura di fare la stessa fine e me ne sono andato. E Gesù ritorna per incontrare anche Tommaso, perché mancava un tassello a che la comunità fosse in comunione piena.

Tommaso è uno dei dodici (Giovanni usa raramente la parola “i dodici” e in genere per indicare Giuda o Tommaso) ed è chiamato “Didimo” (cioè gemello). Gemello di Giuda, uno dei dodici come lui, che non era con gli altri quando Gesù è risorto: lui era uscito nella notte del tradimento e anche Tommaso è fuori nella notte, lontano dalla comunità. Gemello mio, tuo. Che cosa mi trattiene ancora nella morte? Cosa mi impedisce di credere che Gesù può farmi uscire dal sepolcro?

Tommaso ha voluto davvero bene a Gesù, però ama senza speranza, pensa che la morte sia la parola definitiva e non va oltre. E Gesù lo sveglia: “Non continuare a diventare incredulo, ma credente!”. Credenti o non credenti non si nasce, si diventa. Sta a noi coltivare o l’uno o l’altro, dando valore al camminare insieme, alla comunità che sostiene, che prega, che crede e spera. Allora potremo fare anche noi la nostra professione di fede, in un’adesione che è personale, ma forte della fede degli altri: “Mio Signore e mio Dio”.

Coraggio!

sr Damiana

“La bellezza non è che il disvelamento

di una tenebra caduta

e della luce che ne è venuta fuori”.

(Alda Merini)

23 APRILE – III domenica di Pasqua – anno A

Dal Vangelo secondo Lc (24,13-35)

Ed ecco, in quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.

Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».

Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Che cosa si saranno detti lungo la strada quei due discepoli che si stavano allontanando dai luoghi della passione e dai fatti che ricordavano loro l’esperienza con Gesù e con gli altri?!

Delusione, amarezza e confusione avevano preso il posto della gioia e delle attese, delle speranze e di ciò che prima aveva avuto la forza di scaldare loro il cuore. Quante volte questa è anche la nostra esperienza!

Eppure durante quella strada, è accaduto qualcosa di speciale: lo capiamo dalla fine del loro viaggio. C’è un’opera di Arcabas, maestro dell’arte sacra del Novecento, che riprende il momento in cui i due discepoli, dopo aver riconosciuto Gesù risorto nel viandante che si è accostato loro nel cammino, fanno ritorno alla comunità. La tavola è ancora imbandita, la cena è lasciata a metà, la porta è rimasta aperta, fuori è notte e la sedia è rovesciata. Chi ha lasciato in quella maniera la sala doveva avere una gran fretta: un pericolo, una chiamata urgente, … No, niente di tutto questo. Erano stati raggiunti da una Parola capace di accendere dentro di loro un fuoco ardente. Nel loro cuore qualcosa era cambiato. I fatti della passione avevano manifestato una sola cosa: l’amore esagerato di Gesù che aveva dato la vita per loro. Una cosa così – dimmi! – non fa ardere il cuore anche a te? Non è così potente dare senso alla tua vita in modo duraturo?

Il ritorno dei due discepoli è mosso dalla fretta di andare a dire agli altri che avevano incontrato anche loro quel Gesù che credevano morto. Ora il passo è veloce, anche se la strada è in salita; ora la meta è la comunità, anche se è tardi; ora gli occhi sono aperti e vedono anche nel buio della sera. Bisogna raccontare quella gioia nel cuore. Subito, all’istante!

La lunga giornata di cammino (per fare solo 7 miglia!) che era cominciata con stanchezza, paura, delusione, ora aveva preso una direzione diversa. Lo fermano: dove vai, che è notte? Ma in realtà, quell’invito suona più come un “resta con noi, è bella la tua compagnia, ci hai fatto ardere il cuore”. E Gesù sembra non aspettare altro: non se lo fa ripetere due volte e accetta l’invito. Sì, l’hanno fatto entrare nella loro stessa vita, nel loro mondo, nella loro quotidianità.

È entrato e si è seduto con loro a tavola, luogo dell’incontro, del dialogo, del tempo donato all’altro. Luogo dell’intimità, della comunione. Poi li lascia: la sua Parola ora dimora in loro.

Quella gioia è contagiosa. Gli occhi che brillano, una risata sonora, un corpo che si muove come se danzasse non passano indifferenti, sono capaci di coinvolgere altri. Una reazione a catena!

Hai mai pensato che anche sulla tua strada il Vangelo può diventare un compagno di viaggio capace di farti ardere il cuore? “Qual è quella Parola che Dio vuole dire al mondo con la tua vita” (papa Francesco)?

Buona domenica.

sr Damiana

“Dì, conosci uomini

che senza aver lottato

abbiano donato un senso in più a questa vita?”

(The Sun)

30 APRILE – IV domenica di Pasqua – anno A

Dal Vangelo secondo Giovanni (10,1-10)

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.

Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».

Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.

Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Il ladro, il brigante sono coloro che entrano nelle cose tue e ti portano via qualcosa che non appartiene loro: non chiedono il permesso per prendere ciò che vogliono e lasciano dentro di te il vuoto di ciò che hanno preso di nascosto e con l’inganno. Ci fanno soffrire e ci spaventano quelle relazioni che pretendono, più o meno esplicitamente, di   controllare, possedere, decidere al posto nostro, manipolare.

Il Vangelo di questa IV domenica di Pasqua contrappone il ladro e il brigante al pastore. Siamo in una realtà di pastorizia e parlare di gregge, di pastore, di ovile non è così immediato nella nostra esperienza.

Il pastore vuole bene alle pecore, se ne prende cura, perché non accada loro nulla di sconveniente, le conosce ad una ad una. Anche le pecore conoscono il pastore, hanno nelle orecchie la sua voce, distinguono il suo odore, si fidano di lui e lo seguono, osando uscire dal recinto protetto dell’ovile per camminare nella libertà da paure e condizionamenti.

Il ladro viene per rubare, dunque scavalca la staccionata; il pastore invece è di casa, passa dalla porta e non spaventa le sue pecore. Il ladro circuisce, cura il momento favorevole, approfitta delle tenebre per ingannare e poi porta via; il pastore buono invece agisce nella verità, alla luce del giorno entra ed esce dall’ovile e passa in mezzo alle pecore. Il brigante viene per uccidere, il pastore dà la sua stessa vita per le pecore. Il ladro viene per distruggere, il pastore tiene unito il gregge e cammina davanti ad esso per indicare la direzione.

Gesù è il pastore buono e agisce così con noi: tu sei l’amato per Lui. Che cosa suscita in te questa consapevolezza? Da tutta l’eternità, tu sei nel cuore di Dio, che è Padre. Ripetilo durante la giornata: “io sono nel cuore di Dio, io sono l’Amato da sempre”. Che bello!

Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. E quella vita è per me, è per te. È la vita per sempre, per questo siamo fatti: una vita in pienezza, esageratamente abbondante, esuberante. Non si può contenere, va condivisa.

Allora coraggio! Lascia entrare Gesù nella tua vita e tu stesso lasciati coinvolgere nella vita degli altri con quei tre verbi che papa Francesco spesso cita: permesso, grazie, scusa. Entrare nella vita degli altri senza questi, è sfondare la porta o passare dalla finestra, come briganti che rubano e scassinano. “Vivere è appartenere al futuro” (David M. Turoldo).

Buona domenica.

sr Damiana

“Vivere la vita è una cosa veramente grossa

C’è tutto il mondo fra la culla e la fossa …

Posso dirti una cosa da bambino?

Esci di casa, sorridi, respira forte

Sei vivo, cretino”

(A. Mannarino)

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